Cerca nel blog

venerdì 19 novembre 2010

Per un punto Martin perse la cappa

Per dire che basta un niente, a volte, a provocare un disastro, il fallimento di un progetto meditato, d'una lunga fatica. Questa curiosa espressione deriva da un aneddoto che ebbe molto credito nel medioevo.
Secondo la tradizione, che risale al XVI secolo, Martino era abate del monastero di Asello. Volendo abbellire la sua abbazia, decise di apporre sul portale principale un cartello di benvenuto che recitasse: "Porta patens esto. Nulli claudatur honesto" ossia "La porta sia aperta. A nessuna persona onesta sia chiusa" (oppure anche "Porta, rimani aperta. Non chiuderti a nessun uomo onesto").

La frase era bella e ospitale ma chi esegui' l'incisione, nello scriverla, mise il punto dopo la parola nulli anziche' dopo esto.
L'iscrizione divenne cosi': "Porta patens esto nulli. Claudatur honesto" ossia "La porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa alle persone oneste".

Lo scandalo prodotto dalla trasposizione del punto fu enorme, e il papa dovette privare Martino della carica di abate.  A ricordare l'errore di Martino provvide il suo successore, che fece correggere l'iscrizione errata, completandola con la frase "Uno pro puncto caruit Martinus Asello (o Ob solum punctum ...)" ossia "Per un unico punto Martino perse Asello" che e' il corrispondente latino del modo di dire molto diffuso nella lingua italiana e radicato nella memoria orale che e' per l'appunto "Per un punto Martin perse la cappa".

La frase "Per un punto Martin perse la cappa" viene, quindi, citata oggi per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa d'importante e di desiderato.

Nessun commento:

Posta un commento