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martedì 30 novembre 2010

Perchè il Sangue Blu è il Sangue Nobile??


L'espressione Sangue blu è comunemente utilizzata per definire la condizione di nobiltà di discendenza di una persona.
Tale definizione deriva dal medioevo, quando erano riconosciute le classi sociali come nobiltà e clero, borghesia e popolo contadino.
Il sangue reale è detto "blu" per un motivo curioso.
Prima che l'abbronzatura diventasse uno simbolo di bellezza e benessere, essa era il colore di chi lavorava la terra, mentre i nobili erano pallidi, e il pallore era ricercato proprio per il suo significato di grazia e splendore.
Su di una pelle livida spiccano le vene superficiali, che appaiono blu: da qui l'equazione "sangue blu=sangue nobile".

Perché si dice "fare il diavolo a quattro"?

Il detto si riallaccia alle Sacre Rappresentazioni medievali di cui il Diavolo era uno dei personaggi principali insieme alla Madonna, a Dio e ai Santi.
Il popolo divideva queste rappresentazioni in "grandi diavolerie" e "piccole diavolerie" a seconda che vi comparissero più o meno di quattro diavoli.
Altre persone conoscono questo modo di dire come “FARE IL DIAVOLO E PEGGIO” oppure “FARE IL DIAVOLO E LA VERSIERA”.

 Significa avere una reazione violenta, darsi molto da fare o provocare un litigio.
Come nelle raffigurazioni medievali che raffiguravano sempre un gruppo di quattro diavoli.

E 'legato a rappresentazioni sacre medievali che il popolo divideva in "grandi diavolerie" e "piccole diavolerie" a seconda che in esse comparissero più o meno di quattro diavoli.


Fare "il diavolo a quattro", ovvero grande confusione, baccano violente scenate per ottenere il proprio scopo, deriva dalle rappresentazioni teatrali del medioevo nelle quali tradizionalmente compariva il personaggio del "Diavolo tentatore" che veniva spesso interpretato da 4 attori per permettergli di assumere più sembianze in breve tempo, creando molta confusione e baccano sul palco e dietro le quinte.

venerdì 19 novembre 2010

Lacrime di coccodrillo

"Piangere lacrime di coccodrillo" è un modo di dire di uso comune in italiano, che ha corrispettivi in numerose altre lingue. Si riferisce a chi finge di essere pentito di una cattiveria commessa; Pentirsi in modo falso e tardivo, comportarsi da ipocrifi..
Il detto trae origine dal mito secondo cui i coccodrilli versano lacrime di pentimento dopo aver ucciso le loro prede o dopo averle divorate. Esistono diverse varianti di questo mito; spesso la credenza è riferita in modo specifico al caso di coccodrilli che divorano prede umane, ma in alcuni casi viene anche riportato che a piangere sarebbe la femmina di coccodrillo che ha appena divorato i propri piccoli.
La femmina di coccodrillo in effetti, che depone le numerose uova sulla terraferma, dopo la nascita dei piccoli li trasporta in acqua, al sicuro dai predatori, mettendoli in bocca. Durante questa operazione, la lacrimazione aumenta di intesità. I coccodrilli lacrimano, talvolta anche in modo vistoso, per motivi fisiologici. Tali lacrime hanno lo scopo di ripulire il bulbo oculare e lubrificarlo in modo da facilitare il movimento della seconda palpebra che lo protegge in immersione. La lacrimazione aumenta se il coccodrillo rimane a lungo fuori dall'acqua
Ha quindi un carattere biologico non emotivo!
Questo mito risale almeno al XIII secolo, e fu diffuso nella cultura popolare europea, fra l'altro, dal libro Viaggi di Giovanni di Mandeville, del XIV secolo. Lo stesso William Shakespeare venne in contatto con questa leggenda, a cui fa riferimento in un passo dell'Otello:


"Demonio,sì,demonio!Se la terra potesse partorire fecondata da lacrime di femmina, ogni goccia sarebbe un coccodrillo!"

In realtà

Sembra accertato che le lacrime dei coccodrilli siano in realtà il modo utilizzato da questi animali per eliminare i sali che si accumulano nel loro organismo, come in quello di tutti gli esseri viventi che sopravvivono nutrendosi. Non avendo la sudorazione i coccodrilli possono espellere i sali solamente attraverso le lacrime e gli escrementi.

Per un punto Martin perse la cappa

Per dire che basta un niente, a volte, a provocare un disastro, il fallimento di un progetto meditato, d'una lunga fatica. Questa curiosa espressione deriva da un aneddoto che ebbe molto credito nel medioevo.
Secondo la tradizione, che risale al XVI secolo, Martino era abate del monastero di Asello. Volendo abbellire la sua abbazia, decise di apporre sul portale principale un cartello di benvenuto che recitasse: "Porta patens esto. Nulli claudatur honesto" ossia "La porta sia aperta. A nessuna persona onesta sia chiusa" (oppure anche "Porta, rimani aperta. Non chiuderti a nessun uomo onesto").

La frase era bella e ospitale ma chi esegui' l'incisione, nello scriverla, mise il punto dopo la parola nulli anziche' dopo esto.
L'iscrizione divenne cosi': "Porta patens esto nulli. Claudatur honesto" ossia "La porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa alle persone oneste".

Lo scandalo prodotto dalla trasposizione del punto fu enorme, e il papa dovette privare Martino della carica di abate.  A ricordare l'errore di Martino provvide il suo successore, che fece correggere l'iscrizione errata, completandola con la frase "Uno pro puncto caruit Martinus Asello (o Ob solum punctum ...)" ossia "Per un unico punto Martino perse Asello" che e' il corrispondente latino del modo di dire molto diffuso nella lingua italiana e radicato nella memoria orale che e' per l'appunto "Per un punto Martin perse la cappa".

La frase "Per un punto Martin perse la cappa" viene, quindi, citata oggi per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa d'importante e di desiderato.

martedì 9 novembre 2010

Significato di "Bluetooth"


E’ un nuovo standard di trasmissione wireless. E' una tecnologia basata sulla connessione via onde radio. Si tratta di una tecnologia affidabile, veloce (1Mbit/s), a basso consumo ed estremamente portatile. Con questa tecnologia PC, cellulari, palmari, agende elettroniche e tutti i vari dispositivi mobili potranno scambiarsi dati anche senza una connessione diretta via cavo.

Ma perché il nome Bluetooth e cioè Dente Blu ??

In realtà la parola Bluetooth era conosciuta già da secoli, anzi un millennio fa!
Se foste stati abitanti dei paesi scandinavi avreste associato subito la parola bluetooth a questo "simpatico" signore...





Chi è?
E’ Harold, Harold Blaatand cioè proprio Harold Bluetooth, dente blu, vissuto dal 911 al 985 o 986 secondo le fonti e fu re di Danimarca. Ebbe il grandissimo merito di unire terre fino a quel momento divise oltre che dal mare anche da tradizioni e antichi dissapori: Danimarca, Svezia e Norvegia.
Harold ha collegato paesi apparentemente diversissimi così come il bluetooth collega cellulari con portatili con stereo, ecc… quindi il collegamento è proprio Il Collegamento!
Ma resta ancora insoluto il termine Bluetooth.
La risposta è semplice: Bluetooth, Blaatand o Dente Blu era il soprannome di Harold che aveva letteralmente un sorriso bluastro merito della sua passione per particolari bacche blu. Ne mangiava in continuazione, e alla lunga i suoi dentini ne hanno risentito…
Lo stesso logo Bluetooth, anche se non sembra, è l’unione delle iniziali di Harold e Bluetooth cioè B e H!



Un’altra versione è che:
Chi è questo Bluetooth?
Quando iniziarono le ricerche per portare avanti questa tecnologia si pensò anche al nome da attribuirgli. Tutti pensarono ad un re vichingo del dodicesimo secolo passato alla storia per aver unificato e portato alla cristianità i regni di Norvegia e Danimarca.
Proprio come il Bluetooth capace di mettere in comunicazione tra loro dispositivi diversi ed altrimenti separati. Il suo nome era Harald Blatand, la traduzione in inglese diventa Bluetooth!

la Matrioska o Matrëška

LE ORIGINI :
Il termine Matrioska deriva dal latino "mater". Le matrioske sono nate tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900 nel laboratorio per giocattoli del famoso artista Mamontov, nella cittadina di Sergev Posad a 40 km da Mosca. Mamontov era alla ricerca di nuove immagini per nuovi giochi e guardava soprattutto al Giappone come fonte di idee. E proprio da questo Paese giunse nel 1890 il progetto di una bambola di legno. Subito i maestri più bravi la realizzarono: nacque così la prima matrioska, ora conservata al Museo del Giocattolo di Sergev Posad.

IL SIGNIFICATO:
Le matrioske più classiche , che rappresentano una contadina, riflettono un significato culturale. La donna in Russia ha un carattere molto forte. In fatto di contenere al suo interno alti piccoli oggetti richiama il concetto di fertilità. La donna russa si occupa dei figli, della casa, del lavoro, riesce a fare carriera anche più del uomo. Solo in Unione Sovietica per esempio ci sono stati tanti casi di donne ingegnere.

Nata come giocattolo, la matrioska divenne ben presto un simbolo della Russia. Presentata all'Esposizione Internazionale di Parigi nel 1900, il suo successo fu immediato.

Le matrioske rappresentano contadine che si aprono per rivelare al loro interno un ragazzo, dentro al quale si trova un'altra ragazzina più piccola e così fino all'ultimo bambino. 










Come si realizza una matrioska
La materia prima è il legno di tiglio. Questa pianta fornisce un legno molto facile da lavorare in tutte le direzioni senza necessità di seguire le tipiche nervature. Inoltre questo tipo di legno può vantare un peso specifico inferiore a quello di altre piante rendendo quindi leggero il manufatto, e la diffusione di questa pianta è frequente in tutta la Russia.
Altri legni che più raramente possono esere utilizzati per la realizzazione delle matrioske sono la betulla e l'ontano.
Dalla tornitura del legno si ricava il prodotto grezzo che subisce un primo trattamento a base di collanti che vengono stesi sull'intera superficie con lo scopo di renderla omogenea e fornire una base aggrappante per la pittura.
Successivamente si passa ad una fase di lucidatura che renderà perfettamente liscia la superficie.
Terminata questa fase preparatoria, si passa alla realizzazione artistica utilizando colori a tempera o acrilici, ed in alcuni casi rivestendo parti della matrioska con foglia d'oro o altri materiali per impreziosire l'opera.
Al termine per proteggere il dipinto vengono stesi diversi strati di laccatura che oltre a proteggerlo dalla luce, dalla polvere e dalle impronte, gli donano un bellissimo effetto di trasparenza e lucentezza.
Questo ultimo passaggio di laccatura a volte non viene eseguito e le ragioni possono essere dal semplice risparmio economico del materiale e della lavorazione, ad una scelta specifica dell'artista. In questo caso la matrioska apparirà opaca e con colori meno brillanti.
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domenica 7 novembre 2010

Perchè Valentino Rossi ha il Numero 46!

"Il numero 46 nasce dal periodo delle minimoto. Ero in una squadra che avevo formato con due ragazzi di Gatteo a Mare, Marco e Maurizio Pagano. Proprio i due fratelli che mi hanno prestato l'Aprilia 125 per debuttare in circuito a Misano.
Tutti e tre avevamo il numero 46, perché correvamo in tre categorie diverse. Anche loro erano appassionati del Giappone e dei piloti giapponesi: una volta ci siamo esaltati per una wild card del Gran Premio del Giappone a Suzuka, che faceva dei numeri incredibili sotto l'acqua. Aveva il 46. L'abbiamo voluto anche noi.
Poi l'ho abbandonato, nel campionato italiano e nell'Europeo. Ma quando sono arrivato al Mondiale, ho dovuto scegliere un numero.
Ho scoperto che era anche il numero che aveva Graziano quando ha vinto il suo primo gran premio, con la Morbidelli 250, nel 1979. Proprio l'anno in cui sono nato io. Per questo ho deciso che il mio numero, per il Mondiale, sarebbe stato il 46.
Quel numero racchiude la mia carriera, in parte anche la mia vita. Di sicuro simboleggia la mia grande, incredibile avventura.


Autobiografia 'Pensa se non ci avessi provato'. V.Rossi